Circolo Fotografico Carpe Diem

Quella faccia un po’ così
Quell’espressione un po’ così
Che abbiamo noi

Mentre guardiamo Genova
Come ogni volta l’annusiamo
E circospetti ci muoviamo
Un po’ randagi ci sentiamo noi

Questo è uno dei versi di ‘Genova per noi’ scritta da Paolo Conte e cantata da Bruno Lauzi. Rappresenta in pieno una città che è un contenitore di storia e di storie che formano un meltinpot variegato.

Roberto nostro amico e socio genovese DOC ci ha guidato alla scoperta degli angoli più suggestivi della città.

Siamo partiti dal porto antico per imboccare i carruggi che stanno alle spalle del Palazzo San Giorgio. Dai portici si percepisce subito la sua storia carica di persone che si intrecciano con diverse culture. I carrugi sono stretti e poco luminosi e creano dei giochi di luce fantastici che permettono di sfruttare lame di sole che illuminano volti e angoli suggestivi.

Nei carrugi si respira ancora un’aria antica dove negozi etnici si affiancano a botteghe storiche come l’antica Barberia Giacalone (Vico Caprettari, 14r) che è una delle botteghe più antiche della città con arredi e vetrate originali del 1882 o ancora l’antica Tripperia la Casana (Vico la Casana) che risale addirittura al 1811 e che serve solo Trippa accomodata, come dicono qui, o da asporto.

Risalendo dai carrugi si arriva nele zone dei “palazzi” signorili e delle piazze ampie dove troviamo la Cattedrale di San Lorenzo e il palazzo Ducale.

Fuori dalla Cattedrale di San Lorenzo, come in prossimità di altre chiese, incrociamo delle curiose bancarelle che vendono degli intrecci strani che ci incuriosicono.

Roberto allora ci racconta le sue origini:  La leggenda narra che il 10 settembre del 1586, Benedetto si recò a Roma in occasione dell’innalzamento dell’obelisco in piazza San Pietro. Il grande obelisco era stato trasportato dall’Egitto a Roma nel I secolo d.C. e ai tempi di papa Sisto V si trovava nei giardini vicino alla basilica costantiniana di San Pietro, ricoperto dal fango.

Fu Giacomo della Porta a riportarlo alla luce su ordine di Sisto V, che fu colpito dalla maestosa bellezza del monolito alto 25 metri e del peso di oltre 300 tonnellate. Solo il trasporto per portarlo in piazza San Pietro impegnò oltre mille uomini, mentre per il sollevamento erano pronti 900 uomini e 44 cavalli che tiravano gli argani.

Per questa operazione, il Papa in carica, Sisto V, costituì un bando in cui ordinava al popolo silenzio assoluto, pena la condanna a morte. Il 10 settembre 1586, giorno stabilito per l’innalzamento dell’obelisco, erano tutti radunati e tra loro era presente Benedetto Bresca.

L’obelisco cominciò a sollevarsi ma ad un certo punto le corde iniziarono a sfilacciarsi pericolosamente mettendo a rischio il compimento dell’opera, mentre gli argani, si fermarono. In quel momento, tra la folla impaurita e in preda al silenzio ordinato, irruppe un grido: “Aiga a-e corde” (Acqua alle corde), ed era proprio la voce di Benedetto Bresca.

L’architetto Fontana colse il suggerimento e ordinò immediatamente di irrorare le corde con la stessa acqua usata per dare da bere ai cavalli e l’azione portò i suoi frutti, l’obelisco si drizzò poggiandosi perfettamente sulla base.

Fontana venne portato in trionfo al cospetto del papa, mentre Bresca fu arrestato per aver infranto il divieto pontificio che ordinava il silenzio assoluto. Il marinaio, tuttavia, venne incredibilmente benedetto dal Papa che al contrario di ciò che i cittadini temevano, accolse in un solenne abbraccio il giovane Sanremese che scelse la sua ricompensa più ambita e ottenne l’onere e l’onore di fornire ogni anno il Vaticano con le foglie di palma della Riviera ligure in occasione della festa della domenica delle Palme.

Il nostro tour procede tra un aneddoto e l’altre che racchiude la storia millenaria di questa città e ci porta alle antiche mura.

Scendendo ci fermiamo a mangiare presso un’altro pezzo di “storia” della città ovvero l’antica friggitoria sempre nei pressi del Porto antico. Il pomeriggio prosegue imboccando uno dei carrugi più conosciuti: Via del campo. Il nome è evocativo e nel tempo l’anima è rimasta la stessa ovvero una stretta via multietnica. Qui è consigiato fare “poche foto” per evitare inconvenienti con le persone che la frequentano che non sempre hanno piacere ad essere ritratte, ma sussitono alcuni scorci suggestivi alternando passaggi ombrosi a lame di luce e scorci di mare e porto.

Proseguendo lungo questa via si costeggia il palazzo reale e si arriva ad un’antichissima chiesa con un Ospitale che fungeva da staizone marittima e da ricovero per viandanti e pellegrini diretti in terra santa. In prossimità della chiesa ci fermiamo a parlare con una simpatica signora che presidia il negozietto della chiesa che vende manufatti per beneficenza che ci consiglia di salire al castelletto con l’ascensore. Questa opera è singolare e permette di salire un dislivello di circa 50 metri che porta da Portello alla spianata del castelletto. Si tratta di un’opera in stile liberty dei primi del 900. Dal castelletto si gode una vista panoramica su tutta Genova e sui suoi tetti. Per arrivare all’ascensore abbiamo fatto una piccola deviazione per visitar il municipio di Genova in prossimità di Palazzo Rosso.

La giornata volge al termine ma ci resta la voglia di mare e quindi ci spostiamo in uno degli angoli più belli e pittorici di Genova: Boccadasse. Il nome pare significhi Bocca d’Asino in virtù della sua conformazione che ricorderebbe appunto una bocca di asino. Si tratta di un piccolo borgo marinaro incastonato nel quartiere Albaro. Si tratta di poche vie di antiche case che si affacciano su un piccolo golfo simile alle cinque terre. Il sole tramonta alle spalle e la località da il meglio di se con le prime luci della sera.

La giornata volge al termine ma ci resta la voglia di mare e quindi ci spostiamo in uno degli angoli più belli e pittorici di Genova: Boccadasse. Il nome pare significhi Bocca d’Asino in virtù della sua conformazione che ricorderebbe appunto una bocca di asino. Si tratta di un piccolo borgo marinaro incastonato nel quartiere Albaro. Si tratta di poche vie di antiche case che si affacciano su un piccolo golfo simile alle cinque terre. Il sole tramonta alle spalle e la località da il meglio di se con le prime luci della sera.

Ci concediamo quindi un aperitvio con un po’ di esperimenti fotografici sui tempi lunghi per le onde o sulle profondità di campo sui bicchieri (cin cin). All’imbrunire scattiamo le ultime foto e chiudiamo la giornata con un’ottima farinata per ritornare verso Milano.  

Le nostre foto:

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